“No, Ti ho detto di NO! Lo devo ripetere ancora? NOOOO!
Piangi, piangi pure… NO è NO e devi imparare!”
Quante volte i nostri figli, bambini o ragazzi che siano, testano la nostra pazienza, nonché l’esistenza di limiti e divieti?
Quante volte, purtroppo, al limite della pazienza, ci siamo veramente innervositi e, alzando la voce, quasi “goduto” del dispiacere dei nostri figli?
Purtroppo, troppo spesso, l’educazione diventa un gioco di potere, un faticoso braccio di ferro genitore-figlio che fa perdere empatia e capacità di lucida analisi della situazione relazionale.
Ciò succede tanto con un bimbo di 1 anno che vuole toccare tutto, quanto con un bambino di 7 anni che vuole un gelato per strada, quanto con un adolescente che chiede di rincasare tardi un sabato sera.
Certamente, la relazione con un bimbo di un anno è diversa da quella con un ragazzino di 15 ma la nostra reazione dinnanzi a un’insistenza del figlio è sovente la medesima, ossia una reazione al nostro disagio piuttosto che al BISOGNO del minore.
Un bimbetto di un anno che si intestardisce perché, per esempio, vuole toccare a tutti i costi il candelabro d’argento sul delicato tavolino di cristallo del soggiorno e persiste nel suo intento nonostante gli sia stato detto NO è un bambino IMPEGNATO in un’importante ATTIVITA’ D’ESPLORAZIONE E SCOPERTA degli oggetti dell’ambiente. Egli non si ferma a fronte della parola NO perché la sua curiosità è incontenibile e, nella sua testa, la nostra voce passa in secondo piano rispetto al suo impulso a toccare. Ripetere insistentemente il divieto senza avvicinarsi delicatamente al bambino per distrarlo con altro frustra l’adulto che si sente inascoltato e non risolve la situazione, fintanto che il genitori e perde la pazienza e ottiene un’obbedienza per paura.
E’ più funzionale assisterlo nella sua esplorazione e dirgli con dolcezze e fermezza: “Ho capito che Ti interessa il candelabro ma non si può toccare” (spostandogli delicatamente la mano) e, nel caso si mettesse a piangere o protestare, accogliere anche serenamente la sua reazione alla frustrazione consolandolo.
E’ il significato che diamo alle azioni dei nostri figli che ci aiuta a comunicare con loro in modo empatico facendolo sentire accettato e capito anche dinnanzi a un diniego.
Il modo in cui comunichiamo con i nostri figli ha un profondo impatto sul loro sviluppo; la nostra capacità di stabilire una comunicazione attenta alle esigenze dei figli li aiuta a sviluppare un senso di sicurezza che gli fornisce una base importante per affrontare il mondo. Una maggiore conoscenza di noi stessi può aiutarci a costruire una relazione più efficace e soddisfacente con i nostri figli, alimentando la nostra capacità di generare uno stato di BENESSERE EMOTIVO e di sicurezza che li aiuta a crescere in maniera ottimale.