Il malessere psichico di un figlio (di qualunque età sia) interroga sempre molto i genitori, ahimè, in particolare le madri.
Le cause di un disagio psichico (sia esso transitorio o cronicizzato) non sono mai banali ma multifattoriali e vanno ricercate innanzitutto nella storia familiare del soggetto, fino all’infanzia dei genitori stessi. Le spiegazioni semplicistiche del tipo “causa-effetto” sono pericolose oltre che fuorvianti.
“Marco è depresso perché la madre era depressa”,
“Luigina è ansiosa perché la madre era troppo apprensiva”,
oppure ancora “Quel bambino non parla perché i genitori non lo stimolano” sono AFFERMAZIONI PERICOLOSE e per nulla funzionali alla risoluzione del problema.
Anzi, quando il soggetto sofferente è (già) adulto, tali asserzioni rischiano addirittura di precludere al paziente la possibilità di assumere in prima persona la RESPONSABILITA’ della propria vita, oltre a creare dannosi sensi di colpa nel genitore qualora tali affermazioni vengano a lui riferite dal figlio “arrabbiato” o dal terapeuta incompetente.
Creare sensi di colpa nelle madri (o padri) non porta alcun vantaggio per nessuno ma, al contrario, alimenta la sofferenza soggettiva di tutti favorendo ulteriori comportamenti di cecità emotiva:
il soggetto sofferente rischia di confermarsi nel suo ruolo di vittima incompresa, senza elaborazione aggiuntiva;
il genitore, magari non più giovanissimo, in difficoltà emotiva, o si condanna alla perpetua auto-commiserazione (convincendosi di essere egli stesso una vittima di un sistema più grande di lui nel quale non ha potuto comportarsi diversamente) o si difende irrigidendosi sulle sue “buone” posizioni continuando a impartire lezioni al figlio, senza nessun vero dialogo.
Che possibilità c’è allora?
Per il soggetto (figlio) sofferente c’è da chiedere aiuto per superare la fatica e rileggere criticamente e con CONSAPEVOLEZZA la propria storia di vita, per poter cambiare!
Per il genitore sufficientemente buono c’è da interrogarsi sul malessere del figlio per prendere spunto dalla sue parole per riflettere sulla propria vita di un tempo, provando a immaginare come ha agito quando il figlio era piccolo.
“IL DIALOGO TRA GENERAZIONI PUO’ ESSERE MOLTO PROFICUO QUANDO ENTRAMBE LE PARTI HANNO IL CORAGGIO DI APRIRE IL CUORE E DI ASCOLTARE L’ALTRO SENZA DOVERSI PIU’ NASCONDERE DIETRO AL MURO DEL SILENZIO E O DEL POTERE” (Alice Miller)
Soltanto se ENTRAMBE la parti (figlio e genitore) danno libero corso ai propri sentimenti e li mettono in parola, forse scopriranno da dove essi traggono origine nella vita di ciascuno, rinunciando a vittimismi e inutili sensi di colpa.
Solo un dialogo davvero aperto e con il cuore offre a figlio e genitore la possibilità di CRESCERE e di riconquistare la capacità originaria di AMARE E DI COMUNICARE LIBERAMENTE.
Tale dialogo però è possibile solo quando ENTRAMBE le parti sono pronte: pronte a infrangere le proprie difese prestando attenzione alle proprie e altrui emozioni! Diversamente, si rischia di alimentare ulteriore sofferenza!