“Dai, dì subito SCUSA al tuo amico!”, esorta al figlio la mamma, dopo che ha assistito a una lite.
“Chiedimi subito SCUSA! Mi hai fatto male”, pretende il padre che ha appena ricevuto un pugno da un figlio.
“Ehi, dì GRAZIE alla nonna che ti ha comprato l’ovetto”, invita la madre che assiste alla scena tra nonna e nipote.
“Un GRAZIE potevi anche dirmelo!” polemizza il papà che è rientrato a casa portando un dono per il piccolo di casa.
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Quante volte, più o meno automaticamente, ci siamo ritrovati a pretendere che i nostri figli dicano “SCUSA” o “GRAZIE” in varie occasioni di vita.
E’ possibile fare dire “grazie” o “scusa” a un bambino piccolo MA ciò non assicura che il piccolo provi GRATITUDINE o RIMORSO.
Quando i bambini sono costretti a dire “scusa” o “grazie”, Deborah MacNamara osserva che le loro parole sono distaccate dalle emozioni e dai sentimenti che dovrebbero ispirarle. Qualsiasi fretta nel voler ottenere una prestazione da comportamento “maturo” rovinerà la comprensione di quelle emozioni che li renderebbero davvero umani.
NON POSSIAMO ATTENDERCI UN SANO SVILUPPO MORALE SULLA BASE DI FALSITA’ DI FACCIATA!
“Bambini premurosi e sensibili sono il risultato di cure familiari che nutrono le radici emotive da cui certi atteggiamenti scaturiscono. Per diventare una creatura sociale bisogna prima capire se stessi. La capacità di stare con gli altri, di mostrare considerazione e di prendersi la responsabilità delle proprie azioni sono il risultato di un sano sviluppo. UN BAMBINO PUO’ RECITARE LA PARTE DELLA PERSONA BENEDUCATA MA E’ UNA RAPPRESENTAZIONE SENZA ALCUNA PROFONDITA’” (D. MacMamara).
Quel “grazie” o “scusa” detto dal bambino serve più al genitore per fare “bella figura” dinnanzi ad altri o sentirsi rispettato che a stimolare competenza emotiva nel bimbo; allora, smettiamola di chiedere ai nostri figli performance e iniziamo noi a offrire esempi virtuosi di competenza emotiva prestando loro le nostre parole. Se assistiamo a una scena in cui una parola gentile ci starebbe bene, pronunciamola noi con un sorriso autentico, abbassandoci fisicamente all’altezza del bimbo in modo che possa vederci e chissà un domani replicherà SPONTANEAMENTE il gesto!
Se vogliamo realmente che i nostri figli/nipoti/alunni diventino individui responsabili del punto di vista sociale ed emotivo, smettiamola di preoccuparci della prestazione genitoriale (un bambino “beneducato” a tre anni non è necessariamente sinonimo di un’ottimo lavoro di mamma e papà!) ma, piuttosto, iniziamo a interrogarci autenticamente sulle radici da cui le cure degli adulti devono scaturire.
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Ah, GRAZIE per l’attenzione che mi mostrate nel leggere i miei scritti e SCUSATEMI se non sempre riesco a rispondere prontamente a tutti i messaggi privati 😉