Il Disturbo da Deficit d’Attenzione e Iperattività (dall’acronimo inglese ADHD, Attention Defict Hyperactivity Disorder) rappresenta uno dei disturbi maggiormente diffusi in età evolutiva, con tassi di prevalenza che oscillano tra il 3% e il 5% (ovvero quasi il 5% dei bambini europei e nord-americani può ricevere questa diagnosi). I maschi ne soffrono con una frequenza quattro volte superiore rispetto alle femmine.
Si tratta di una problematica inserita all’interno dei Disturbi del Neuro-Sviluppo, che si manifesta con una serie di comportamenti “faticosi” sia per l’adulto che per il bambino stesso, che possono essere raccolti in tre grandi aree sintomatologiche:
- DISATTENZIONE, ovvero difficoltà nel sostenere l’attenzione su attività che non forniscono un alto livello di stimolazione o ricompense frequenti, distraibilità e problemi con l’organizzazione;
- IPERATTIVITA’, ossia eccessiva attività motoria e difficoltà a stare fermi a lungo, con la tendenza a muoversi in continuazione in maniera non finalizzata (per esempio, correre per gli ambienti senza un motivo apparente) soprattutto in situazioni strutturate che richiedono un certo livello di autocontrollo comportamentale;
- IMPULSIVITA’, cioè tendenza ad agire in risposta a stimoli immediati, senza considerazione dei rischi e delle conseguenze.
Ovviamente, le manifestazioni specifiche delle caratteristiche disattentive e iperattive-impulsive variano da soggetto a soggetto e possono cambiare nel corso del tempo.
Al fine di una diagnosi di disordine, i comportamenti “problematici” devono essere osservabili in più contesti per almeno 6 mesi e devono e devono comportare una compromissione (clinicamente significativa) del funzionamento sociale e/o scolastico.
Attenzione, però, perché all’età di due, tre o quattro anni, molti bambini, pur non affetti da ADHD, non sono ancora in grado di controllare totalmente l’attività motoria, gli impulsi e la capacità di concentrazione, nonché di selezionare le distrazioni esterne. Pertanto, nel caso dell’ADHD il problema maggiore è la possibilità di “esagerare” nella diagnosi e di ETICHETTARE con questa sindrome bambini che non ne sono in realtà affetti.
Molti bambini attraversano periodi di iperattività: è probabile che i bambini ansiosi siano iperattivi e abbiano brevi intervalli d’attenzione e, similmente, talvolta, anche bambini traumatizzati o stressati rischiano di vedersi affibbiata tale diagnosi da genitori di compagni, amici o parenti che poco conoscono la clinica ma facilmente “regalano” diagnosi gratuite fuorvianti e pericolose.
In caso di dubbi, è sempre bene chiedere un parere a uno specialistica, parlandone con il pediatra o uno psicologo dell’età evolutiva che possono cogliere la necessità o meno di una valutazione ad hoc!