Se ripenso alla mia gravidanza, la cosa che ricordo con più dispiacere è la miriade di volte che amici, parenti e conoscenti, alla comunicazione della notizia, dopo un primo momento di congratulazione, mi dicevano sconsolati:
“E adesso avete finito di fare la bella vita, di viaggiare e andare al ristorante!”,
“Ah, gustati questi ultimi mesi per te perché poi….”, e di frasi così ne potrei elencare per ore
… e ancora mi domando: ma veramente il mondo è pieno di donne e uomini così frustrati per la loro genitorialità?!?
In queste settimane di quarantena, sui social non sono mancate frasi ironiche sul ritrovarsi improvvisamente genitori a tempo pieno, frasi certamente buffe e che fanno sorridere tipo: “Caro figlio, ti amo più della mia vita ma non sono triste quando vai a letto!”, oppure “Cucciolo, la prima cosa che farò quando tutto sarà finito è lasciarti 6 mesi con nonna!”.
Tali frasi, improvvisamente, mi hanno fatto ritornare alla mente proprio quelle che mi dicevano in gravidanza e ancora mi sorge spontaneo l’interrogativo: ma, veramente, è così faticoso vivere con un figlio? O meglio, veramente, per molti la fatica supera la gratificazione?
Ora, nessuno può negare che soprattutto nei primi anni, il rapporto con il figlio è qualcosa di totalizzante, qualcosa di così impegnativo che anche andare in bagno senza essere seguiti diventa quasi una mission impossible ma perché nessuno ci invita a riflettere con altrettanta leggerezza sul lato l’alto della medaglia?
La genitorialità, per me e per molti dei miei pazienti, è fortunatamente anche (e, oserei dire, soprattutto) un MERAVIGLIOSO viaggio alla scoperta di se stessi, un’OCCASIONE impedibile per tornare alla propria infanzia e provare a rileggere alcune dinamiche familiare che hanno segnato la nostra storia di vita, i propri fantasmi, per evitare di ricommettere gli stessi errori che, spesso involontariamente, i nostri genitori hanno fatto con noi!
La genitorialità diventa così un percorso evolutivo e non un triste sentiero di rinunce rispetto alla vita pre-figli.
Mio figlio mi ha insegnato a vedere la vita da un’altra angolazione e, oltre a un’immensa gioia, mi ha regalato lucida consapevolezza su di me, sui miei punti deboli (sui quali lavorare) e sulle mie risorse.
Ecco, l’idea della quarantena come un supplizio per genitori con figli in casa, mi rattrista e mi spaventa, umanamente e professionalmente.
Dire che sia stancante e, talvolta, sentire di non farcela a reggere ancora a lungo la “reclusione” credo sia umano, fisiologico e pure sano ma descrivere la quotidianità con i pargoli in termini drammatici, temo sia il fallimento della nostra società!
E allora chiediamoci:
– Che cosa ci affatica così tanto in questo periodo?
– Che emozioni provo nel corso della giornata?
– Veramente, il problema sono i bambini e non io?
Guardiamoci dentro e smettiamola di scaricare tutta la nostra frustrazione sui più piccoli… che anche loro hanno già le loro fatiche nell’avere perso improvvisamente tutta la loro quotidianità!
Chi ha problemi con i bambini, in realtà, ha un problema con il proprio bambino interiore… non è mai troppo tardi per far pace con il proprio passato!
I NOSTRI FIGLI, LA NOSTRA PARTE MIGLIORE!